sabato 25 aprile 2009

La Provincia di Lecco

La Milano senza trucchi della Bucciarelli
10 aprile 2009

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La Provincia di Lecco

L'inquietante Milano della Bucciarelli
7 aprile 2009


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giovedì 16 aprile 2009

Il mondo del gusto.it

Il noir sposa l'enogastronomia
14 aprile 2009
Qui l'originale

Femmina de Luxe è un bel romanzo noir firmato da Elisabetta Bucciarelli. Ma che c’entra un romanzo con l’enogastronia? In realtà un filo conduttore esiste perché nel dipanarsi della storia l’autrice sceglie spesso di ambientare momenti della vicenda in celebri ristoranti e locali italiani, e non solo: una delle protagoniste, Olga, fa del cibo un elemento fondamentale della propria vita.
Interessante quindi capire i meccanismi che hanno spinto Elisabetta Bucciarelli a caratterizzare fortemente Femmina de luxe con evocativi panzerotti, dolci al cioccolato, raffinate cene al Diana o alle Tre Galline, e conscere qual è il suo rapporto con la buona cucina.

In Femmina de Luxe si parla di donne che non accettano il proprio corpo e si sottopongono a pesanti rinunce per essere belle e magre o che consolano col cibo la carenza di affetto. Qual'è il tuo rapporto col cibo? Mangi per sopravvivere o apprezzi la buona cucina?
"Femmina de Luxe è infatti un libro sul corpo, soprattutto sul corpo delle donne. Corpo simbolico e corpo reale divengono spesso la medesima cosa. Così come il cibo, troppo spesso interpretato, e talvolta considerato una forma di inquinamento. Senza accorgerci stiamo assistendo a una esasperazione estetica di tutto ciò che abbiamo intorno. Sembra esistere una sorta di centralino del gusto, capace di omologare e rendere maggiormente desiderabile e appetibile ogni cosa: vestiti, acconciature dei capelli e persino le sostanze di cui ci nutriamo. Esiste una vera e propria moda anche nell’alimentazione. I ristoranti giapponesi, la fusion, l’etnico, o il fringe food, sono alcuni esempi. Il mio rapporto con il corpo e quindi anche con il cibo è ambivalente. A volte sono felice di nutrirmi e mi piace moltissimo provare sapori nuovi, altre volte mortifico i miei desideri e mangio solo per dovere. Non è facile raggiungere un punto di equilibrio, perché spesso il cibo (l’assenza o l’abuso) è la risposta più facile al disagio o all’instabilità emotiva".

Le paste di Gattullo e il cioccolato di Marchesi a Milano, i tortellini del Diana a Bologna, i peperoni con la bagna cauda delle Tre Galline a Torino. Racconti di svilimento del corpo in nome della perfezione e nel frattemo arricchisci il romanzo con la mappa dei templi italiani della golosità. Perché?
"Racconto di Olga, una giovane donna sovrappeso che consuma dolci prelibati e molto belli da guardare. La sua “gaudente identità” passa anche attraverso una sorta di estetica della gola (ricordiamoci che la gola è ancora considerato un vizio capitale), che tutti tentano di mortificare mettendola a dieta. Allo stesso tempo lei cerca l’amore e qualcuno che la desideri per quello che è. E per questo verrà più volte umiliata: il suo vero peccato è l’ostinazione a pensare che un amore puro esista davvero. Dall’altra parte c’è un uomo che compra tutto ciò che desidera e consuma le donne, le emozioni e cibi migliori in circolazione come se non possedessero un’anima. Un piatto ben cucinato, con un buon profumo e una bella estetica, ha le sue vibrazioni, richiede attenzione, è in grado di assegnare un valore aggiunto al rito del pasto. L’uomo del mio libro sembra apprezzare ma solo per un istante, poi continua la sua ricerca spasmodica verso qualcosa di meglio e di più, non è mai appagato né soddisfatto e passa la sua vita nell’ansia costante di questo inseguimento. Riempiendosi di cose belle e pregiate ma rimanendo sempre una pietra grezza. Un po’ come spesso accade nella realtà".

In Happy Hour i bar più in della Milano da bere, in Femmina de Luxe alcuni tra i migliori ristoranti italiani, ci saranno citazioni enogastronomiche anche nel romanzo di prossima uscita Io ti perdono?
"Credo che molte delle cose più importanti, nel bene e nel male, succedano a tavola. E’ un luogo magico ma anche demoniaco. Per esempio, spesso le storie d’amore iniziano e finiscono davanti a un piatto (o a un bicchiere) pieno o vuoto. Anche nel prossimo romanzo, Io ti perdono, in uscita per Colorado noir/Kowalski, alcune comunicazioni importanti, affettive e professionali, verranno effettuate durante un pranzo o una cena. Questo perché il momento del pasto serve ad accorciare le distanze e a condividere anche attraverso meta messaggi. Oppure a creare distanze incolmabili, si pensi al modo differente in cui ognuno di noi si propone a tavola (il modo di masticare, tenere le posate o controllare i movimenti delle mani). I luoghi saranno differenti da quelli di Femmina, quindi non necessariamente di lusso o famosi, ma, adesso che ci penso, il cibo servirà ancora una volta a svelare oppure occultare emozioni e stati d’animo. Simbolo o realtà, rimane sempre uno dei temi centrali del nostro quotidiano e quindi dei miei libri".

Carla Casazza


mercoledì 8 aprile 2009

Elle.it

Elle.it
Le signore in nero
8 aprile 2009

domenica 5 aprile 2009

La Repubblica

La Repubblica
17 marzo 2009

Balsamodicartascritta.it

Balsamo di carta scritta
Donne di lusso (grazie anche a Femmina de luxe)
5 aprile 2009
Qui l'originale

Sono solitamente più attenta ai contenuti che ai generi, nel senso che sono convinta che si debba parlare e scrivere di realtà che si conoscono *bene* e compito dello scrittore sia tentare, in qualità di filosofo spicciolo, di esaminare la concretezza dell'esistente, cercare e divulgare un messaggio, in una società ed in un momento storico che ne tenta l'annullamento, per una massificazione intollerabile ( leggasi: portare il cervello all'ammasso). La narrativa vi si adegua , cercando di limitarsi ad essere puro svago, che spesso ricalca il nulla contenutistico di certa fiction televisiva (non tutta) o del telefilm in cui c'è una morale stereotipata ( che è spesso il rovesciamento sistematico delle convinzioni della generazione precedente) e cresce sui banchi di vendita un ciarpame ambientato, tra l'altro, all'estero, come se "facesse più fine" piazzare un omicidio in California piuttosto che a Cologno Monzese o a Bisceglie. Nulla in contrario che si parli di morti statunitensi o di vicende ambientate in altri tempi e luoghi, purché ci sia documentazione adeguata. Ognuno narra bene il suo *vissuto* o, diversamente, scrive come i bambini "che giocano a: facciamo che tu eri o che io ero" :-)
Io sono per la concretezza. Sono convinta che i più grandi romanzi siano quelli che raccontano la gente comune.
Io detesto la retorica, sia quella veterocattolica, che quella che parla sinistrese ed anche, decisamente, ciò che tenta di rivalutare lo spirito meritocratico caro alla destra, quando sappiamo tutti e da sempre che il merito non basta e spesso è, semmai, un inghippo.
Per questo ho apprezzato il romanzo di Elisabetta Bucciarelli, di cui ho scritto una recensione su Facebook, in occasione della presentazione alessandrina. Vi ho visto ( l'ho letto mesi fa) *il contenuto*, pregnante. Non solo: ho apprezzato la scrittura femminile che preferisco, quella attenta al sociale e che nobilita la capacità d'indagine femminile, in questo caso specifico: sulle donne. 
Per cui, DONNE, e non femmine, questo libro fa per noi. Così come può essere una buona lettura per uomini che amano le donne vere e non uno specchietto insulso che dica loro quanto è lungo il loro ...naso, quasi pari alla loro intelligenza incommensurabile. In poche parole : per UOMINI e non per i vari Tarcisio il Vanesio, che s'incontrano qui e là, spesso supportati da una scema da riporto.

La trascrivo qui:

Lo ammetto, io ho gusti "classici". Io non ho educato me stessa al noir onirico, a consumare un delitto crudo, a perdermi nei meandri sordidi dell'Io. Per appartenenza generazionale a quella gente che cercava concretezza ed idealismo, messaggio e poesia, contraddizioni che il senno di poi ha più che mai evidenziato, ma io tendo ancora a chiedermi, leggendo un romanzo: a che cosa mira? Quali stimoli mentali offre per interpretare la società e la singola vita? E' un vizio personalissimo che mi fa preferire la sostanza a qualsiasi belletto formale, anche se la formula snella di BabeleSuite non indulge in tentazioni barocche in tal senso. Ogni storia è una fucilata. Un solo sparo netto e preciso, che colpisce al cuore, tant'è che è difficile infilare uno spaccato del sociale, una chiave di lettura sofisticata e nel contempo snella e schietta com'è riuscita Elisabetta Bucciarelli in questo suo lavoro, veicolato dalla figurina sexy che Catacchio ha messo al centro della copertina, elegante e significativa, sebbene non "carnale". Emblematica come sono le due belle figure femminili del romanzo: Olga e Marta, tanto diverse eppure così sorelle nell'incapacità di amarsi e di farsi amare, di accettarsi ed essere accolte. Vittime. Olga burrosa, vestita in modo romanticamente curioso e tesa alla realizzazione d'improbabili sogni d'amore con personaggi che la vita ha già circoscritto in un cerchio di fuoco di riconoscibile emarginazione. Olga che viene oltraggiata e difesa. Marta, che ha le carte in regola, che è l'oggetto del desiderio che non è pago di sé, perché la bellezza è perfettibile fino alla morte. E si diventa, donne, oggetti in balia della speranza e della... disperazione, contrasto che fa a pugni con la saggezza; strette nella morsa del sogno, del gioco, dell'inganno della seduzione. Ebbene, se potessi, prenderei per mano Olga e le farei scoprire altri amori di cui penso sia capace: per il prossimo, gli animali, le cose, la bellezza dell'attimo fuggente. Quanto a Marta, a tutte le marte del mondo farei ripetere come un mantra : sono bella e non in vendita, più volte e se mai fossi in vendita lo sarei per diventare la più amata dalla *libertà di essere soltanto Marta* e non un'icona del desiderio di chi, in fondo, si confonde con il nero su bianco delle parole, se appena scompigliamo i fogli con il vento dell'omologazione.
Tutto ciò in cento pagine, in cui c'è anche un misterioso attaccastronzi in cabine telefoniche, che manifesta così la sua follia d'esistere. Chiede ad un mondo di merda di accorgersi che c'è anche lui. Qualcuno indaga, è ovvio. Stanco del via vai di un lavoro utile e ingrato. Femmine da buttare, femmine di lusso, per lettrici che preferiscono essere Donne, nel mentre hanno tra le mani un gioiellino di divertimento e riflessione.


Rossana Massa


Alessandria, Libreria Mondadori

Alessandria, Libreria Mondadori
Rassegna Babele Suite
3 aprile 2009








La Provincia di Lecco

Patrick Fogli apre la rassegna del giallo
La Provincia di Lecco
31 marzo 2009


Cartaecalamaio.it

Femmina de luxe di Elisabetta Bucciarelli
25 marzo 2009
Qui l'originale

Cosa dire di nuovo e originale su Femmina de Luxe che non sia già stato scritto nelle tante positive recensioni uscite negli ultimi mesi? Difficile non essere catalogata come ripetitiva dai fans della Bucciarelli che seguono con attenzione ciò che viene pubblicato sulla scrittrice milanese. Perciò mi limiterò a raccontare cosa ci ho letto io, al di là della coinvolgente vicenda noir che già sarebbe sufficiente a renderlo un bel romanzo, ben scritto, che offre al lettore immagini così nitide da dare l'idea di essere di fronte ad un film.

Ci ho letto il senso di inadeguatezza che colpisce noi donne, sia che siamo belle e perfette, sia che siamo non allineate agli standard estetici comunemente accettati. La necessità dell'approvazione altrui, ad ogni costo. La fatica di raggiungere un equilibrio che basta un niente per mandare in frantumi. Ho letto in Olga l'ingenuità e la dolcezza, la fame di un amore alla cui mancanza supplisce con la fame di frappè e patate fritte, ma anche la capacità di andare oltre l'apparenza, di sapere cogliere l'umanità un po' distorta di chi è ai margini. Ho letto nell'Ispettore Maria Dolores Vergani la dualità di una professionista sicura di sè, che nella vita privata riesce a mortificarsi come solo noi donne siamo capaci di fare, imponendosi rinunce che lasciano il tempo che trovano in nome di un sentimento forse troppo idealizzato. Ho letto in Marta il disperato bisogno di attenzioni indirizzato verso una ricerca della perfezione fisica che non si ferma nemmeno di fronte ai limiti strutturali del proprio corpo, che è capace di sopportare un dolore indicibile e di venirne soppraffatta. Ma ho letto anche la grande passione di Olga per la vita, di Maria Dolores per il suo lavoro, di Elisabetta Bucciarelli per la scrittura. Tanto che non si limita a raccontare una storia, a scavare negli animi dei personaggi ma si sofferma a condividere coi lettori profumi, immagini, istanti rubati sedendo ad un caffè di lusso come il Florian o addentando un panzerotto di rosticceria.

Carla Casazza

Thrillermagazine.it

Gran finale ad Alessandria
2 aprile 2009
Qui l'originale

Risponde Elisabetta Bucciarelli, scrittrice

Qual è il grande salto che il lettore e l'autore fanno alle presentazioni? Cosa senti, di speciale, in questa rassegna?
La rassegna dei Babele è un'occasione per mostrare (caso unico più che raro per una collana, di solito abbastanza uniforme nella scelta) le differenze profonde esistenti tra un autore e l'altro. É babele proprio per questo. Siamo accomunati dalle parole scritte ma assai differenti per pensieri, opere e omissioni. E ovviamente per stili e temi. Un colore ci accomuna (forse due, a pensarci bene). Il nero dell'oscuro medioevo in cui viviamo e il rosso del sangue e della passione con cui scriviamo. Credo, almeno. Ma non ne sono sicura affatto. Per questo è necessario ascoltarci uno per uno... per vedere dove spinge la torre o dove si spacca e diverge. Mi diverte molto l'idea dei "babelanti", come li/ci chiama Luigi. Che sono monadi però. Decisamente. Ma che stanno "insieme" grazie a lui, per un pezzetto di vita.
Di solito alle presentazioni il pubblico non ha ancora letto il libro, spesso non conosce l'autore, ma è interessato a capire quale sia il mondo raccontato e quale la realtà di chi lo racconta. E' un'occasione ottima per amplire il contesto di significati, per rapire e far passare emozioni. L'autore cerca di far conoscere la propria "magia", l'incantesimo nero di cui è prigioniero. Quando ciò succede la presentazione può dirsi riuscita. Che sia un pubblico numeroso o costituito da una persona sola, vale sempre la pena.

Marilù Oliva

La Repubblica

La Repubblica
31 marzo 2009

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