venerdì 23 gennaio 2009

Femmina de luxe

Guide SuperEva - Libri Autori
22 gennaio 2009
Qui l'originale

“Le femmine hanno valore solo se di lusso, vuoti a perdere, quando disattendono le aspettative”
Capita spesso, soprattutto agli scrittori di gialli, thriller o noir, di inventarsi realtà fittizie dimenticandosi le realtà vere: al fine di soddisfare la voglia di suspense e di avventura del lettore, si fanno acrobazie letterarie che, alla fine, lasciano solo un senso di delusione e di “déjà vu”. Meglio, allora, certi autori di casa nostra che, con tutte le carte in regola, non hanno bisogno di trame artificiose per regalarci una lettura non solo piacevole, ma anche intelligente e capace di farci riflettere.
Per questo credo meriti una particolare attenzione Femmina de luxe (Perdisa Editore), l’ultimo romanzo di Elisabetta Bucciarelli, milanese, già autrice di saggi sulla scrittura e sulla comunicazione e di due romanzi gialli, Happy Hour e Dalla parte del torto.
La storia, in sintesi, è quella di due donne, esteticamente molto diverse, ma ugualmente insicure e fragili.
La prima, Olga, è alla ricerca dell’uomo che possa apprezzarla, nonostante il suo peso: “ Olga non voleva dimagrire. Per lei il peso era un’identità. La sua gaudente identità. A dispetto delle mode e delle convenienze. E forse anche della salute.”
Vuole un appuntamento, vuole sapere che cosa vuol dire fare sesso e avere un uomo, ma troverà solo chi, ancora una volta, la deriderà, approfittando di lei della sua semplice e ingenua generosità.
Marta, invece, è una vittima sacrificata al dio della perfezione estetica. Considerata da tutti una brava ragazza, apprezzata, desiderata e dalla la figura piacevole, nasconde un profondo disagio che nessuno sa cogliere. E’ magra oltre ogni possibilità, ma si sa, “è il come ci immaginiamo a valere più di come siamo” e il tentativo di eliminare quell’unico, piccolo difetto che la divide dal suo ideale, la porterà inesorabilmente alla perdizione.
A cercare di trovare il bandolo della matassa non solo di un caso cittadino piuttosto insolito e di un delitto, ma anche di certe questioni personali è, ancora una volta l’ispettore Maria Dolores Vergani, coadiuvata da Achille Maria Funi, personaggi seriali, già protagonisti dei due precedenti lavori, che ritroviamo, con un po’ di sorpresa mista a curiosità, proprio come si incontra un amico dopo qualche tempo trascorso senza contatti.
Fra i risultati ottenuti da Elisabetta Bucciarelli con questo romanzo breve, spiccano la rappresentazione del un mondo metropolitano milanese, descritto attraverso forme di violenza che vengono spesso sottovalutate o, addirittura negate, perché scomode, ed i personaggi, fra i quali nessuno è comprimario. Tutti, infatti, rimangono impressi nella coscienza del lettore come un simbolo, sia esso della crudeltà, della meschinità, dell’anormalità che viene crudelmente emarginata , o del disagio esistenziale causato da l voler a tutti i costi raggiungere modelli che rimangono inaccessibili ai più.

L'intervista a Elisabetta Bucciarelli
Qui l'originale

L'interessante "chiaccherata" con l'autrice di "Femmina De Luxe"
Lidia - Quando e come nasce questo “interesse” per il tema del cibo e, in particolare, il cibo come ossessione, con i suoi eccessi, anoressia e bulimia?
Elisabetta Bucciarelli - Femmina de Luxe è un libro sulla nostra incapacità di accettarci per quello che siamo. Per questo cerchiamo in tutti i modi di adattarci e rispondere alle aspettative altrui, come se il nostro prossimo fosse lo specchio deformato entro cui rifletterci. Il nostro corpo, ostentato come superficie, è il modo più veloce per aderire a modelli esterni o ambizioni illusorie e attraverso ciò che ingeriamo, il cibo come le parole, passa il tentativo di trasformarci in quello che non siamo o di raggiungere la nostra vera essenza. La presenza di peso e l’assenza di fisicità, che la bulimia e l’anoressia possono conferirci, non sono che due facce dello stesso problema: lenire il dolore per la nostra profonda inadeguatezza, sia essa dovuta a mancanza cronica d’amore o a ferite narcisistiche mai sanate. Per questo le due donne del romanzo, Olga, morbida e imperfetta e Marta, bella ma insicura per un unico microscopico difetto, anelano a qualcosa di estraneo alla loro natura. Entrambe proveranno a trasformarsi in femmine di lusso, a oggettivarsi per trovare una presunta e agognata felicità cercata erroneamente fuori da sé.
In definitiva, il tuo è libro che vuole denunciare questi estremi raggiunti dalla società moderna?
In realtà con Femmina ho voluto solo raccontare una storia, che si è trasformata in una specie di mondo simbolico che pare ritrarre una tendenza contemporanea. L’estetica a tutti i costi, la superficie staccata dalla profondità, l’inutile e il vanesio come valori acclamati e, alla fine, scelti un po’ da tutti. La mia attenzione in questo momento è volta soprattutto verso il corpo delle donne. Lo stato di fatto e i timori futuri. Le sue trasformazioni volute o necessarie. La donna fidanzata, amante, moglie e, nel prossimo libro, anche madre. È l’archetipo della madre (madre reale, agognata o impossibile) e la realtà che le madri devono affrontare, a muovere le mie rabbie di questo momento.
Che “evoluzione” hai voluto per la tua investigatrice, Maria Dolores Vergani?
Maria Dolores Vergani, il mio personaggio seriale, cresce e si modifica nel corso dei romanzi e dei racconti che ho scritto. Se in Happy Hour era totalmente incapace di avvicinarsi a sentimenti e passioni, in Dalla parte del torto riesce (finalmente) ad avere un inizio di storia. In Femmina de Luxe ciò che conta per l’ ispettore Vergani è cercare di capire cosa una donna sia disposta a fare per uomo, fino a che limite sia in grado di spingersi. La Vergani sta riflettendo e metabolizzando per poi arrivare, nel prossimo romanzo, a uno sviluppo, forse un’evoluzione o forse no, della sua vita affettiva e di coppia che è ancora in fieri, ma che ha le sue premesse nel Poliziotto Nocs incontrato in Dalla parte del torto. In Femmina, invece, ritrova un uomo che l’ha desiderata ma che lei non ha mai preso in considerazione, per troppa rigidità o per disattenzione.

Come capita a tutte nella vita, almeno una volta.

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