martedì 3 marzo 2009

Intervista a Elisabetta Bucciarelli

ScrittoriEmergenti.it
marzo 2009
Qui l'originale

Elisabetta Bucciarelli è una scrittrice e giornalista italiana. Diplomata in Drammaturgia presso il Laboratorio di Scrittura Drammaturgica del Piccolo Teatro di Milano. Come giornalista ha collaborato con diverse testate occupandosi di attualità, cinema, arte, psicologia. Lavora per Booksweb.tv, televisione culturale online. Ha collaborato alla stesura di testi teatrali e cinematografici (tra cui Amati Matti, Fame chimica), ed ha pubblicato i saggi “Io sono quello che scrivo”, “La scrittura come atto terapeutico” e “Le professioni della scrittura”. Autrice di noir e gialli, ha pubblicato i romanzi Happy hour, Dalla parte del torto e Femmina de luxe, oltre a numerosi racconti su riviste e antologie. Femmina de luxe ha vinto il premio 'Bloody Mary Award' per il miglior thriller pubblicato nel 2008 in Italia e assegnato dal sito tematico Thriller Cafè con voti di una giuria di scrittori professionisti, traduttori, editor e webmaster del settore.

Intervista a Elisabetta Bucciarelli 
Ci racconti un po' del suo approccio al mondo della scrittura. Quando e perché ha iniziato a scrivere?
C'è stato un tempo in cui avevo il desiderio di scrivere ma non sapevo né come né cosa avrei scritto. Ero veramente piccola. Credo fosse colpa di qualche insegnate di italiano che mi gratificava particolarmente con i suoi voti. Poi durante l'ultimo anno di liceo ho deciso che avrei fatto della scrittura il mio lavoro. Era una necessità, l'unica cosa che mi faceva stare bene. E iniziarono i problemi. Sono stata fortemente ostacolata da tutte le persone che avevo intorno, tanto che ho partecipato di nascosto al concorso per essere ammessa al laboratorio di drammaturgia della Civica scuola d'arte drammatica Paolo Grassi (Ex Piccolo Teatro di Milano). L'ho vinto e ho frequentato due anni a tempo pieno, mentre seguivo l'università contemporaneamente. Quella è stata la prima conferma ufficiale che avrei potuto pensare di scrivere davvero. Così a ventiquattro anni ho esordito con il primo testo teatrale e subito dopo con un paio di sceneggiature.

Quali sono i libri che le hanno dato la spinta necessaria per affrontare il mondo della letteratura dalla parte dell'autore?
Una scrittrice su tutte mi ha fatto capire che avrei dovuto seguire la mia strada a qualsiasi costo: Simone de Beauvoir. In uno dei suoi libri: Memorie di una ragazza perbene (Einaudi), racconta la sua consapevolezza di essere nata per scrivere con una limpidezza e un'ostinazione che ho sentito subito mie. Da un punto di vista formativo devo molto al teatro. Beckett,Shakespeare, Genet, Pinter. Ma anche alla poesia (quella vera), che è il luogo principe dove vado a cercare le parole quando mi mancano.

Sono passati quattro anni da quando è uscito il suo primo romanzo "HAPPY HOUR", ci racconti un po' come ha vissuto quel momento e le sensazioni che provava da scrittore emergente.
L'attesa è il ricordo feroce che ho. Un'attesa infinita, silenziosa, piena. Pensieri contrastanti e pieni di dubbi. Da quando ho scritto Happy Hour a quando è uscito sono passati 8 anni (la mia è una storia di buste spedite con dentro il manoscritto). Quando ho avuto la conferma che il libro sarebbe uscito quasi non lo riconoscevo più, ero già da un'altra parte come maturazione e come scelta tematica. Ho anche pensato di non farlo uscire, ma sarebbe stato veramente un gesto poco carino nei miei confronti.

Adesso è al suo terzo romanzo "FEMMINA DE LUXE "ed è in arrivo il quarto "IO TI PERDONO". Pensando a quando sgomitava da esordiente, crede che i concorsi letterari l'hanno aiutata ad emergere?
Non ho mai sgomitato, di solito un esordiente non lo fa. Aspetta conferme, si mette in dubbio, deve fare i conti con i desideri ma soprattutto con la realtà. Ho visto sgomitare autori al secondo o al terzo libro. Nel tentativo di emergere e di trovare una visibilità. E' a quel punto che vedi le cose più strane, le invenzioni per far parlare di sé a discapito dei libri. Credo che i concorsi possano essere utili quanto tutto il resto. Servono per rinforzare l'ego e avere l'illusione di essere presi in considerazione. Se parliamo dei concorsi per opere già in commercio solo i premi più grandi (Bancarella, Strega, Bagutta), spostano il numero di copie vendute. Questo perché un certo tipo di lettore lo raggiungi solo con una campagna mediatica forte. Se invece ci riferiamo a concorsi per esordienti, possono essere utili per farsi leggere. Se posso dare un consiglio guarderei prima la giuria e poi prenderei la mia decisione di partecipare o meno. Io ho partecipato a due concorsi. Nel primo, organizzato da La Repubblica, ho vinto un paio di Levi's (bellissimi). Nel secondo sono stata pubblicata in un'antologia di Stampa alternativa. Si chiamava Crimine. Le due cose non mi hanno portato nulla tranne il fatto in se stesso (e i jeans).

Il suo saggio "Le professioni della scrittura" è un manuale con molteplici indicazioni sulla scrittura in generale "romanzieri , giornalisti, copywriter, traduttori, sceneggiatori, parolieri". Perché non cita la poesia?
Grazie per la domanda. Sulla poesia ho scritto un volume a parte, che non ho mai pubblicato. La poesia è per me la forma letteraria più alta. L'Arte vera della parola. Quasi inarrivabile. Spero un giorno di trovare il coraggio per sperimentarla. Ma si deve riflettere, ascoltare, danzare, gioire, soffrire così tanto e così a lungo, si deve vivere più che scrivere, per avere il calibro necessario a comporre poesie. Non so quindi, se mi sarà concesso poetare, tendo a risparmiarmi per natura e soprattutto non sono ancora certa di avere quello scatto necessario e quasi divino del poeta.

Cosa le piace e cosa non le piace dell'editoria italiana?
In questo momento mi piace l'apertura verso gli scrittori italiani. per anni non è stato così. Siamo esterofili, si sa, ma molti autori di casa nostra meritano attenzione e finalmente hanno la possibilità di crearsi il loro pubblico. Questo è evidente se si frequentano i festival, non quelli dove il glamour vince sui contenuti e scatta la caccia all'autografo della star letteraria, intendo piuttosto quelli dove esiste una ricerca e un contatto diretto con il lettore. Lì non si scappa, elogi e critiche arrivano diretti come sciabolate. A qualcuno piace giallo, La passione per il delitto, il festival di Gavoi sono occasioni di questo tipo. Non mi piace sapere che molti libri appoggiati sugli scaffali portino una firma ma in realtà siano stati riscritti (o scritti del tutto da altri). Compreremmo mai un quadro di Picasso sapendo che l'ha realizzato un altro pittore?

Crede che l'auto pubblicazione possa essere un'alternativa agli editori?
No, mai. Credo che scrivere sia diritto di tutti, ma pubblicare debba essere la scelta di qualcuno. Non credo alle smanie di pubblicazione a qualsiasi costo. Mi fido, anche se con sofferenza, delle opinioni di chi guarda il mercato letterario da più tempo di me. Di chi ha letto molto di più, di chi sa distinguere una storia necessaria da una inutile. Ho fiducia che prima o poi se c'è talento e carattere, una voce, una storia vera che funzioni, questa troverà comprensione e il suo spazio sugli scaffali di una libreria.

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